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Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia - Comitato Udine | Presentato a Udine il libro di Francesco Tromba, esule da Rovigno, con l’ANVGD
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Presentato a Udine il libro di Francesco Tromba, esule da Rovigno, con l’ANVGD

Gen 04 2021

Presentato a Udine il libro di Francesco Tromba, esule da Rovigno, con l’ANVGD

“È stato un incontro toccante e molto coinvolgente quello con l’esule da Rovigno Francesco Tromba, nato nel 1934” – ha detto così Bruna Zuccolin, presidente del Comitato Provinciale di Udine dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD).

L’evento, patrocinato dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, si è svolto a Udine, presso la sala Baldassi, nella Parrocchia del Cristo, in via Montebello 3. Organizzato dal Comitato Provinciale di Udine dell’ANVGD in collaborazione con Confraternita del SS.mo Crocifisso di Udine, ha visto per protagonista Francesco Tromba, esule da Rovigno. Egli perse tragicamente il padre nella foiba di Vines. L’autore ha ripercorso quanto accadde alla sua comunità, con particolare riguardo a quella di Rovigno, suo luogo natale poi, nel 1946, a quella di Pola, suo luogo di successiva residenza, comunque abbandonato per l’esilio a Venezia, mentre il resto della famiglia andava a Bari, in fuga dai titini.

Francesco Tromba, Bruna Zuccolin, Elio Varutti e Giuseppe Capoluongo; foto Giorgio Gorlato

Francesco Tromba, nel 2000, ha pubblicato: “Pola Cara, Istria Terra Nostra. Storia di uno di noi Esuli Istriani”. Il volume, nel 2017, ha raggiunto la settima ristampa e ha ottenuto il Premio Firenze nel 2016. Ha introdotto la serata la presidente dell’ANVGD di Udine Bruna Zuccolin, portando i saluti del Comitato Provinciale del sodalizio degli esuli d’Istria, Fiume e Dalmazia e ringraziando la Parrocchia del Cristo, per la collaborazione all’iniziativa culturale.

Giuseppe Capoluongo, priore della Confraternita del SS.mo Crocifisso, ha ricordato che tale istituzione religiosa risale al Cinquecento e si è sempre occupata di solidarietà. “Rappresento qui la parrocchia del Cristo – ha detto Capoluongo – e vi porto i saluti della nostra comunità, inoltre sono anche un poeta e vi presento due mie composizioni riguardo all’esodo giuliano dalmata”. Nel   silenzio della sala, il poeta ha declamato un testo dedicato a Pola, seguito dall’ode intitolata Nostalgia, dedicata a Maria Millia, esule da Rovigno e suocera di Capoluongo.

Poi ha avuto la parola il professor Elio Varutti, vice presidente dell’ANVGD di Udine, che ha introdotto l’opera di Francesco Tromba. “È un piccolo libro scritto con il cuore dall’autore – ha detto Varutti – cercando di riferire i pensieri di quando era bambino e subì l’oltraggio di vedersi portar via il babbo dai miliziani titini che poi lo uccisero e lo gettarono nella foiba di Vines”.

È intervenuto quindi lo stesso Tromba. “Ricordo quel 16 settembre 1943 – ha detto – quando arrivarono in sette titini coi fucili, erano di Rovigno, due restarono di guardia sotto casa, mentre gli altri salirono al secondo piano e col calcio dei fucili abbatterono la porta d’ingresso, poi iniziarono a cecrare mio padre per tutta la casa, riuscirono a trovarlo nascosto sotto il lavabo della cucina e lo portano via”. La famiglia non ha mai saputo cosa gli fosse successo. Era un tipografo, Giuseppe Tromba, classe 1899, solo nel 2006 il figlio è venuto a sapere da una signora di Rovigno che il suo babbo fu una delle prime vittime gettate nella foiba di Vines, vicino ad Albona. Nell’ottobre 1943 i tedeschi occuparono Rovigno, scacciando i partigiani jugoslavi. Per i rovignesi fu una sorta di liberazione dalle violenze titine. Il maresciallo dei pompieri di Pola, Arnaldo Harzarich, iniziò a recuperare le salme dalle foibe, scortato dai militari tedeschi e italiani, ma quella di Giuseppe Tromba non fu esumata, in quanto inarrivabile e ormai decomposta.

Parte del pubblico in sala

Non è tutto, perché la madre di Francesco Tromba fu imprigionata il 5 maggio 1945 dai druzi in divisa con le armi spianate e portata nelle carceri di Fiume. Drug, in serbo, significa “compagno”, perciò gli italiani chiamavano druzi i partigiani comunisti. Fu accusata di essere nemica del popolo, perché aveva riferito ai tedeschi il nome di uno di coloro che gli avevano catturato e fatto sparire il marito nel 1943. Lavorava alla Manifattura Tabacchi. Francesco Tromba, a dieci anni, restò senza genitori, assieme alle sorelle Luciana, di sedici anni e Eliodora di sette. La mamma dei fratelli Tromba fu liberata dai druzi nel giugno 1946 e, per paura dei carcerieri, fuggì a Trieste, da dove, come dipendente statale, fu inviata alla Manifattura Tabacchi di Bari.

Nel frattempo Francesco Tromba fu ospite dell’Orfanotrofio di Sant’Antonio di Pola, da dove il 12 febbraio 1947 con la motonave Pola assieme ai frati e a tutti gli orfanelli partì per Trieste, per essere alloggiati al Campo profughi del Silos. L’ultima tappa dell’esodo di Francesco Tromba, ormai diviso dalla sua famiglia, fu l’Orfanotrofio dei frati di S. Nicolò al Lido di Venezia, dove imparò il mestiere di tipografo. Per qualche anno visse poi a Milano, dove si posò nel 1960 ed ebbe due figlie. Aprì una sua tipografia a Portogruaro (VE), città della moglie, dove lavorò fino alla fine del secolo.

Nonostante il pubblico limitato, in considerazione dell’imperversante nubifragio, dalla quindicina di partecipanti sono iniziate una serie di domande e di interventi di grande interesse. Tra gli altri, hanno parlato la professoressa Marina Belllina, di famiglia originaria di Fiume, Giorgio Gorlato, esule da Dignano d’Istria e Rosalba Meneghini, la cui mamma era di Rovigno. Ad esempio è stato ricordato come i titini uccisero per affogamento la baronessa Hütterott e sua figlia. Chiusa in una rete da pesca ed appesantita con dei massi, la nobildonna latifondista di Rovigno fu gettata in mare dai comunisti titini al largo dell’Isola di Sant’Andrea. La baronessa, dal popolino, era detta anche Catarot, o Chitarot. Tra l’altro, Chittaro è anche un cognome friulano, di derivazione tedesca (Costantini 2002).

Al termine della presentazione una signora ha riferito allo scrivente di essere stata molto colpita dai versi poetici letti da Capoluongo, segno che la poesia dell’esodo apre i cuori, coinvolge i sentimenti e fa riflettere nello spirito della legge del 2004, istitutiva del Giorno del Ricordo.

Francesco Tromba legge la sua accorata testimonianza sulle foibe; foto Gorlato

Notizie di altri scrittori su Rovigno

Raul Marsetič, del Centro di ricerche storiche di Rovigno, ha pubblicato nel 2016 il seguente brano sulla Manifattura Tabacchi di Pola, dove andavano a lavorare molte ragazze di Rovigno col treno delle tabacchine, come ha scritto un altro autore Armando Delzotto nel suo I miei ricordi di Dignano d’Istria (dalla nascita all’esodo), Udine, Edizioni del Sale, 2012.

“L’industria del tabacco a Pola – ha scritto Raul Marsetič – fu ufficialmente fondata il 30 maggio 1920 con l’intento di alleviare la crisi in cui sprofondò il capoluogo istriano dopo la Prima guerra mondiale. La cerimonia solenne d’inaugurazione fu celebrata tre anni più tardi, il 3 luglio 1923, solo dopo l’ultimazione di tutti i lavori di sistemazione intrapresi. La manifattura fu collocata nell’imponente immobile dell’ex caserma di fanteria dell’esercito austriaco (Infanteriecaserme) sulla Riva a cui fu, un decennio dopo, affiancato anche un nuovo edificio eretto sull’area dell’ex autoparco militare. Si trattò di un’attività produttiva di grande rilevanza per la città dato l’elevato numero di maestranze impiegate, in gran parte femminili. Le attività produttive continuarono, con delle interruzioni per danni di guerra in seguito ai bombardamenti del 1944, fino all’inverno del 1947, e lo stabilimento fu definitivamente chiuso dalla nuova amministrazione jugoslava il 16 settembre dello stesso anno”.

Ecco un cenno alla baronessa Hütterott e a sua figlia in una parte del racconto tratto da «L’Arena di Pola» del 10 maggio 1997, pag. 6 col titolo “Con il peso delle memorie. Accanto a Rovigno”, a firma di Ruggero Botterini.

“Nel maggio ’45 mi trovavo ancora a Rovigno, sfollato da Pola, assieme a mia madre ed a mio fratello. Seppi subito che i partigiani avevano ammazzato la Kitarot, come si usava chiamare la baronessa. La guerra era finita 30 aprile con la partenza degli ultimi reparti tedeschi ed il conseguente ingresso in città dei partigiani titini. La baronessa Barbara Elisabetta Hütterott, nata a Trieste nel 1897, e la madre Maria Enrichetta Keyl, nata a Bordeaux nel 1860, attendevano fiduciose i nuovi amministratori usciti dal «bosco». Non avevano nulla da temere avendo avuto rispettivamente, per padre e marito, un onesto e benemerito cittadino rovignese, ed avendo fatto solamente del bene. Nell’ottobre 1943 la baronessa Hütterott salvò tre pescatori rovignesi interponendo i suoi buoni uffici presto il Comando tedesco. Successivamente, nel marzo 1944, consegnò alcuni binocoli a tre aspiranti partigiani decisi a darsi alla Resistenza. Ma nonostante tutte queste benemerenze la «rivoluzione» bussò alla porta del suo castello vestita dell’uniforme degli agenti della famigerata Ozna. Fu uccisa da quegli elementi locali che poi incautamente misero ad asciugare le lenzuola con lo stemma del nobile casato? Molti protagonisti di quel periodo sono tutt’ora vivi, ma la loro testimonianza si ferma alla confessione intima. In quei tristissimi giorni pare che in città fosse presente un agente dell’Ozna per cui si può ipotizzare che l’eliminazione fisica delle due nobildonne fosse stata decisa motto in alto e non a Rovigno. I loro corpi, comunque, non sono mai stati trovati: facile la scelta tra mare e foiba. Si trattò di un omicidio politico visto che, successivamente alla morte, la povera baronessa, subì un processo e giudicata «nemica del popolo», lei che non aveva fatto del male ad alcuno. Esiste, pure, la farsa-favola della confisca dei beni. Dal 21 novembre al 4 dicembre una commissione dell’Ufficio distrettuale dei «Beni popolari» effettuò un inventario in 45 cartelle dattiloscritte in cui venivano elencati gli oggetti trovati nel Castello: mobili, pezzi di antiquariato, opere d’arte, gioielli. Ma quando si trattò, con atto del Tribunale di Rovigno del 1948, di confermare l’avvenuta confisca, venne investita, il 29 settembre 1948, una nuova commissione per un nuovo inventario. Perché? Perché qualcosa era sparito. II nuovo elenco comprendeva appena sette cartelle dattiloscritte. Dove finì il 70 per cento del patrimonio compreso un baule sigillato del 1945 contenente 56 oggetti d’argento?”

I dati del libro di Tromba

Francesco Tromba, Pola cara, Istria terra nostra. Storia di uno di noi esuli istriani (1.a edizione a cura dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Gorizia 2000), Bibione (VE) – Trieste, Europa Tourist Group, 7.a ristampa, 2017, pp. 84.

Riferimenti bibliografici e sitologici

Costantini Enos, Dizionario dei cognomi del Friuli, Udine, Editoriale FVG, 2002.

Varutti Elio, Premio Firenze a Francesco Tromba, esule istriano, on-line dal 17 dicembre 2016.

Varutti Elio, Armando Delzotto e i suoi ricordi di Dignano d’Istria, un libro del 2012, on-line dal 16 settembre 2018.

Testimonianza di Francesco Tromba in televisione del 2017, Video estratto da TV 2000 “LE FOIBE e GLI ITALIANI DIMENTICATI “. Si ringrazia per la collaborazione il Comitato Provinciale di Arezzo dell’ANVGD.

Servizio giornalistico e di Networking a cura di Tulia Hannah Tiervo, Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Copertina: Giorgio Gorlato, Francesco Tromba e Bruna Zuccolin prima della presentazione; foto Elio Varutti. Fotografie da collezioni private citate nell’articolo e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in Vicolo Sillio, 5 – 33100 Udine. Telefono e fax 0432.506203 – orario: da lunedì a venerdì  ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin.

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