Esuli Fiumani villeggianti a Numana nelle Marche, 1970-1998
C’è tanta allegria in questo racconto. L’esodo da Fiume non è fatto solo di tristezza, fucilazioni titine e ammazzamenti di italiani perpetrati dell’Ozna. Una volta raggiunta una certa stabilità economica, sin dal 1965-1970, è successo che un gruppo di esuli da Fiume sia andato a fare periodi di villeggiatura a Numana (AN) nelle Marche, sulla Riviera del Conero, come ha riferito Florinda Cremonesi, detta Nina, dell’hotel Teresa a mare. Con la sigla Ozna si intende la polizia segreta di Tito, che attuava requisizioni, vessazioni ed ha addirittura programmato le eliminazioni di italiani dell’Istria. La pianificazione delle uccisioni, per pulizia etnica, è stata descritta da Orietta Moscarda Oblak nel 2013, a pp. 57-58 di un suo importante saggio.
Oltre al Registro delle persone alloggiate dell’albergo Teresa a mare, sono stati i ricordi della signora Miranda Brussich a spingermi a scrivere il presente articolo. Lei, col marito Enrico Conighi e la figlia Daniela erano frequentatori dell’albergo Teresa a mare di Numana, con conseguenti scorpacciate di pesce cucinato dalle abili mani dei titolari, i signori Cremonesi. Il ragionier Enrico Conighi era famoso per il suo vistoso accappatoio giallo che faceva sobbalzare tutti per il colore intenso. L’ameno luogo marchigiano ricordava agli esuli le rive di Abbazia, Volosca, Cantrida e Laurana, presso Fiume, dove la generazione fiumana dei primi del Novecento era solita passare qualche giorno di vacanza con delle sane nuotate dopo la Grande Guerra, mentre quelle zone erano sotto il Regno d’Italia, fino al 1947. Poi c’è l’annessione alla Jugoslavia. Oggi sono in Croazia: Opatija, Volosko, Kantrida e Lovran. Nel 2019, con la bandiera fiumana, si sono ritrovati alcuni discendenti a Numana (AN) davanti all’hotel Teresa a Mare, dove un gruppo di esuli fiumani andava in vacanza dal 1970 al 1998.
Non meno di 35 mila fiumani italiani scappano dal 1943 al 1959 dalla loro città, per sfuggire alle angherie titine su una popolazione presunta di 46 mila abitanti nel 1945, secondo le ricerche di Marino Micich. Si consideri poi che dal 1940 al 1947 a Fiume città muoiono per cause belliche e per mano jugoslava almeno 1.500 persone di nazionalità italiana. Tali dati sono tratti dalla ricerca “Le vittime di nazionalità italiana a Fiume e dintorni dal 1940 al 1947” a cura della Società di Studi Fiumani e dell’Istituto Croato per la Storia, edizione del 2002.
A Numana, oltre ai Conighi di Fiume, esuli a Ferrara, dopo essere passati per Belluno, Forlì e Modena, ci sono i coniugi Walter Lehmann e Maria Rudan, pure fiumani esuli a Bolzano, dopo essere stati a Cesena. Maria Rudan, detta Zia Mine, aveva compiuto gli studi superiori a Dresda, in Germania. Raccontò, tra le altre, che in casa a Fiume era d’uso parlare varie lingue con la seguente sequenza: il lunedì, ad esempio, si doveva parlare tedesco, il martedì francese, mercoledì inglese, giovedì italiano, poi il croato e persino l’ungherese, dato che Fiume era pertinenza e “corpo separato” della corona ungherese dal 1776. Ha scritto Giovanni Kobler, a pp. 213 del suo III volume: “Anno 1776, Li 21 ottobre l’i.r. (imperial regio) governo di Trieste, mediante il suo consigliere barone de Ricci, consegnava la città di Fiume al regio governo ungarico”.
Fioi, no ghe ne posso più de magnar
Dopo le gustose mangiate di pesce a Numana, la Zia Mine diceva: “Fioi, no ghe ne posso più de magnar”, come ha raccontato Miranda Brussich. Fatto un profondo sospiro, tuttavia, si rimetteva a mangiare per svuotare i deliziosi vassoi. Suo marito, lo Zio Walter, farmacista, classe 1903, esclamava tra le risate dei commensali: “Bisogna pur tenere insieme anima e corpo”. La signora Nina, di Numana, ha ricordato che furono proprio i fiumani Lehmann a scoprire la sua trattoria-albergo a metà degli anni ’60, gestita allora dai suoi genitori Cesare e Pierina Cremonesi. Nei momenti più fiorenti la Zia Mine, tra lo stupore degli ospiti, chiedeva di doprar la cusina per far le palacinke.
La tavolata era composta almeno da una decina di persone di Fiume e di Pola. Venivano da Roma i fiumani Carlo Rudan, nato a Sussak nel 1910, e la sua consorte Anna. Esuli a Milano erano Maria Dalmartello, detta Mariù, nata a Fiume nel 1912, sposa del dentista Guglielmo Lehmann, detto Willy, fratello di Walter. Il figlio di Mariù e di Willy si chiama pure Walter e per non confonderlo con suo zio, veniva detto Walterino.
Un’altra coppia di fiumani talvolta presente a Numana era quella dei Dinelli, residenti a Ferrara. Poi c’era la signora Renata von Thierry, un’amica dei fiumani, nata a Francoforte sul Meno nel 1917, residente a Buenos Aires fino a metà degli anni ‘90 e poi domiciliata a Milano, che usava recarsi a Numana con l’autista, tra i sorrisi dei suoi amici fiumani. La signora Renata si notava per una splendida e grossa collana di corallo che portava sempre al collo con singolare eleganza, nonostante le punte aguzze. “Erano legate così tanto affettivamente le signore Mine, Mariù e la Renata – ha aggiunto Florinda Cremonesi – che portavano il cosiddetto anello dell’amicizia, era un anello d’oro con una perla al centro, pensate che una delle loro discendenti, alla morte della cara ava, alcuni anni fa, ha voluto regalarlo proprio a me, in segno di riconoscenza per l’ospitalità data per decenni ai fiumani del Quarnero qui a Numana Bassa”.
Il personaggio più spettacolare era, senza dubbio, Donna Paola, come veniva chiamata. Originaria di Pola, la professoressa Paola Marinoni, vedova del professor Mario Torresi, faceva arrabbiare lo Zio Walter, perché si impossessava del suo giornale e se lo leggeva a lungo, commentando con le amiche, mente il povero Zio Walter fremeva per riavere indietro il quotidiano, tutto scompigliato, per giunta. Non è tutto, tra le risate dei presenti, Donna Paola sulla vicina spiaggia, dotata di solo pochi ombrelloni, si impossessava della sedia sdraio di Zio Walter e concionava con le amiche. Ogni tanto Donna Paola capitava a Numana con pecorino e fave da offrire al gruppo di amici fiumani, visto che talvolta si univa a ufo alla tavolata di pesce, bagnata col vino Verdicchio. Tra le altre, la professoressa Paola Marinoni è citata anche su «L’Arena di Pola» del 20 maggio 1975.
Lo Zio Walter era un’autentica macchietta nelle vacanze marchigiane. Al mattino si svegliava presto e andava a battere sulla porta delle camere degli amici fiumani gridando: “Alo, fioi che il sol magna le ore”. Il buongiorno di Zio Walter, quando era in piena forma, era col grido in corridoio di “Viva Zapata!”. Alludeva al film del 1952 di Elia Kazan ispirato alla biografia scritta da John Steinbeck sul capo rivoluzionario messicano Emiliano Zapata, interpretato da un imbronciato Marlon Brando. Il film, ambientato nel Messico del 1909, aveva molto colpito il fiumano Walter Lehmann. Riguardava la vita del rivoluzionario Emiliano Zapata (1879-1919) che durante la rivoluzione messicana si batté contro il dittatore Porfirio Díaz per i diritti dei peones oppressi dai grandi proprietari terrieri. Così il grido Viva Zapata rompeva la pace della villeggiatura dei fiumani a Numana, ma poi a colazione tutti ridevano nella locanda Teresa a mare. Era un vivace momento di spensieratezza dopo il mesto esodo da Fiume.
Negli anni ’90 e verso i primi anni 2000 gli originali clienti fiumani, triestini e istriani di Teresa a Mare vengono meno per motivi demografici. Restano tante vedove. Pian piano si spengono anch’esse. Tutto finito? Niente affatto perché, come in ogni bella storia che si rispetti, i figli instaurano una chaîne touristique o catena turistica, come è chiamata in gergo. Morti i vecchi, la generazione successiva, con relativa figliolanza, si ritrova comunque a Numana fino oltre il 2010, come ha riferito Florinda Cremaschi.
Una fuga in barca da Lussingrande a Fano nel 1956 e altri esodi
“La nostra terra era passata alla Jugoslavia – ha raccontato Narcisa C., di Lussingrande – Nel 1949 io, mio marito Severino, i suoi fratelli Antonio e Giulio e i loro genitori Domenica e Giacomo facemmo domanda per l’opzione italiana [all’autorità iugoslava]”. Si tratta del Monsignore Giulio Vidulich, Lussinpiccolo, Pola 1927-Percoto, Udine 2003. Fu pievano di Porpetto, provincia di Udine. Aveva studiato al seminario di Zara. Fu molto vicino agli esuli del Comitato Provinciale di Udine dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (Anvgd).
“La domanda di trasferimento fu accettata solo per Giulio, che era cappellano e partì subito e per Domenica e Giacomo, partiti nel 1956 – ha aggiunto Narcisa C. – Io partii da Lussingrande con le figlie nel 1958, per raggiungere mio marito [che era già scappato]. Severino e Antonio scapparono il 1° maggio 1956 con una barca a remi. Sbarcarono a Fano, vicino a Senigallia, provincia di Ancona [La corrente marina li aveva portati lì.]”. Storie di esodo istriano simili non ci sono nei libri di storia.
Con l’invasione della Jugoslavia, nel 1941, da parte delle forze dell’Asse, Fiume viene evacuata. Se ricordela qualche cossa de poco prima de vignir via da Fiume nel 1941? “Sì, siamo stati… evacuadi da Fiume nel 1941 per il passaggio del fronte – ha detto Miranda Brussich – ne ga portadi verso Dignano e Pola, che la iera piena de altri evacuadi. L’evacuazion iera dovuda a la guera contro la Jugoslavia, se lori i atacava Fiume, alora ga evacuado la popolazion. Xe durado due setimane, dopo semo tornadi a casa nostra. Iera Pasqua. Fiume iera completamente svodada”.
A causa del passaggio del fronte, nel 1941, fu evacuata pure la popolazione di Zara, come ha ricordato Silvio Cattalini, che fu profugo nelle Marche, in provincia di Ancona. “Ci trattavano bene tutti quanti – ha detto Cattalini – chi si sarebbe immaginato l’accoglienza tutta diversa del 1946?”.
Ascoltiamo una fonte marchigiana. A Numana “quando si era ragazzi – ha detto Mauro Milli – ricordo che qualcuno in paese diceva: So’ arrivati i slavi. Allora tutti si correva al porto per vedere ‘sti poveracci che arrivavano con delle barche a remi o con una piccola vela, erano italiani dell’Istria in fuga dalla paura degli iugoslavi di Tito”. A quali anni si riferisce? “Saranno stati il 1949-1950 – ha precisato il signor Milli – e almeno tre volte ho visto le piccole barche per 5-6 posti che saranno partite da Lussino e sono arrivate con la corrente fino a Numana, io personalmente non ho visto i profughi, perché i carabinieri li avevano già caricati sulle camionette per portarli al Centro raccolta profughi di Servigliano, allora in provincia di Ascoli Piceno e oggi in quella di Fermo, ma tutti in paese si sapeva di quegli arrivi”. Ricorda qualcosa d’altro? “Io l’ho saputo più tardi che erano italiani in fuga – ha concluso Milli – a scuola non si studiavano ‘ste cose e forse perché mio padre è di Sgonico, vicino a Trieste, me ne sono interessato, poco tempo fa da certi subacquei austriaci sono stati trovati quattro teschi con un foro in testa al largo dell’Isola di Lussino, devono essere stati di altri fuggitivi bloccati dalle motovedette iugoslave, i titini li hanno fatti fuori col colpo alla nuca e gettati mare”.
Storia dell’albergo Teresa a mare di Numana
Sorge nel 1930 l’azienda familiare dall’idea di Teresa Santinelli, la nonna di Florinda, detta Nina. Il nonno Teodolindo Cremonesi, detto Dolindo, faceva il pescatore. Siccome portava un grande cappello, lo chiamavano pure lo Sceriffo di Numana. Sua moglie Teresa cominciò a cucinare il pesce pescato per qualche gitante e da lì nacque la ditta di accoglienza. È così che prese il nome di Teresa a mare, in onore dell’intraprendente nonna, cuoca speciale. Nel dopoguerra l’attività commerciale è portata avanti con successo da Cesare Cremonesi e Pierina, i genitori della signora Nina. Sono proprio Cesare e Pierina ad ospitare i primi gruppi di esuli istriani nel 1955. Si tratta dei “triestini” come venivano definiti dagli albergatori di Numana. Col babbo esule da Pirano, tra di essi c’è Uto Ughi, che diventerà uno dei massimi esponenti della scuola violinistica italiana. “Erano alloggiati nella camera n. 1 – ha spiegato Florinda Cremaschi – dove, tra l’altro, sono nata io e Bruno Ughi, il papà di Uto, seguiva con attenzione le ore di violino del figlio, che poi si esibiva nella sala da pranzo, davanti a tutti gli ospiti di Teresa a mare, che applaudivano contenti e un po’ per burla, uno dei triestini girava con un piattino a raccogliere le offerte, erano proprio tutti spiritosi questi triestini, istriani e fiumani”.
Nel 1959, in seguito ad un’improvvisa alluvione, l’albergo subisce vari danni, ma la voglia di ripartire è troppo forte, così gli imprenditori marchigiani si rimboccano le maniche e lavorano duro fino alla ripresa. Dalla fine degli anni ’90 tra la affezionata clientela c’è la seconda generazione dei fiumani, triestini e istriani, vogliosi sempre di sole, mare e gustosi pasti a base di pesce, con le tradizionali ricette di casa Cremonesi, tramandate dalla nonna Teresa. Oggi l’albergo, che continua con l’opera dei due figli della signora Nina e del marito Luigi, offre ospitalità in 11 camere, con colazione, mezza pensione, posto spiaggia ed un indiscusso successo nelle recensioni in Internet.
Un’ultima curiosità: nelle vicinanze di Tersa a mare è attiva nel 2019 una trattoria e Bed & Breakfast a Numana dal curioso nome per ciò che riguarda l’argomento presente. Si chiama, infatti: Nonna triestina.
La vicenda degli Smoquina di Fiume
C’è un’altra famiglia di fiumani che si incontra col gruppo di villeggianti quarnerini di Numana. Si tratta degli Smoquina, amici dei Conighi, che in un certo periodo si trovano proprio a Numana, dove vive Lucilla Smoquina, nella casa dei suoi suoceri. “Mio nonno Antonio Smoquina, classe 1882, laureato a Budapest, era professore di Scienze naturali e geografia a Fiume all’Istituto tecnico “Leonardo da Vinci” – ha detto Lucilla Smoquina – e nel 1946 il suo preside, Gino Sirola, gli disse ‘Scampa Tonin finché ti pol’, così si trasferì a Brescia, presso la figlia Arge, che abitava lì, in seguito al matrimonio”. Allora nonno Smoquina si salvò, mentre il preside Gino Sirola è stato arrestato dagli iugoslavi a Trieste il 3 maggio 1945, riportato a Fiume e fucilato a Tersatto nel 1945, in base alla ricerca di Amleto Ballarini e Mihael Sobolevski del 2002.
Il 10 febbraio 1947 il resto della famiglia Smoquina di Fiume riesce a trovare un camion con autista e a caricarlo delle proprie masserizie e bagagli per fuggire verso il resto dell’Italia, con destinazione Brescia, visto che lì c’erano già dei parenti, nonostante ce ne fossero pure a Trieste. “Un fratello e una sorella di mia nonna – ha detto la Smoquina – stavano a Trieste, ma noi ci ritrovammo a Brescia e sin dai primi anni ’50 si andava in vacanza a Chiavari, provincia di Genova, quasi per ordine del medico, per trovare il mare, il sole, per nuotare, per i pasti di pesce, dove pure c’era una colonia di allegri fiumani”.
Come si sono conosciuti i suoi familiari con i Conighi? “Mio papà Alfonso Smoquina era nato a Fiume nel 1915 – ha aggiunto Lucilla – deve aver conosciuto Enrico Conighi, che era dello stesso anno, nella scuola di ragioneria di Fiume, essendo coetanei, oppure già si conoscevano perché mio nonno Antonio era del Club Alpino Fiumano (Caf), anzi, ricordo che il nonno Antonio era supervisore del rifugio ‘Ernesto Rossi’ e di un altro rifugio; so che pure l’ingegnere Carlo Alessandro Conighi era del Caf poi, dopo l’esodo, i miei familiari frequentavano molti raduni del Caf sulle Dolomiti”.
In effetti nel volume di Guido Depoli, di 336 pagine, intitolato Guida di Fiume e dei suoi monti, Tipografia P. Battara di Fiume, del 1913, si trovano vari collegamenti tra le suddette famiglie. Nella sua Prefazione, l’autore che è vicepresidente del CAF, dopo aver ringraziato una sfilza di fotografi consoci, scrive: “Né a minor gratitudine hanno diritto i signori dott. Silvino Gigante e prof. Antonio Smoquina, ai quali a mia richiesta la Direzione sociale affidò l’incarico di rivedere il manoscritto, per riparare possibilmente alle mende ed omissioni in cui fossi per avventura incorso” (p. 13). All’inizio del suo scritto introduttivo il Depoli, dopo aver descritto l’ingresso di “giovani forze nel Club Alpino Fiumano” sin dal 1903, riporta la seguente frase. “Il nuovo indirizzo, iniziatosi coll’assunzione alla presidenza dell’ing. Carlo Conighi era duplice: coltivare intensamente l’alpinismo quale salutare esercizio del corpo e della mente, e studiare sotto tutti gli aspetti il nostro paese” (p. 11).
Ci sono altri ricordi? “Mia mamma Nevina Lukež – ha precisato Lucilla – era di Sussak, quindi di etnia croata e mal sopportava i discorsi di sfegatato nazionalismo con offese verso i s’ciavi”. Con la parola “s’ciavo”, in dialetto istro-veneto si intende “schiavo”, nel senso di “slavo, croato”. Deriva dal latino volgare “sclavus”, ossia “slavo”. I veneziani chiamavano “S’ciavoni” o “Schiavoni” i marinai slavi della loro flotta e pure gli abitanti slavi delle isole e della Dalmazia, senza attribuire al termine l’accezione vagamente spregiativa, che ha assunto a Trieste, dopo il 1945: “s’ciavo = schiavo, sottomesso”.
Siete mai ritornati a Fiume, dopo l’esodo? “I miei nonni non sono più tornati a Fiume, dapprima siamo tornati solo io e la mamma, poi anche papà – ha concluso la signora Lucilla Smoquina – anche perché a Sussak c’erano i parenti della mia mamma e con loro si parlava croato, la prima volta che ci si rivide fu nel 1953 e ci fu una grande tristezza, perché i negozi là erano mezzi vuoti, quasi non c’era da mangiare, poi nel 1964 papà fece la patente e riuscì a comprare un’automobile, così ho trascorso molte estati nel Golfo del Quarnaro, nonostante la città iniziasse a subire grandi cambiamenti edilizi, tanto da non riconoscerla quasi più”.
Biografia di Silvino Gigante
Silvino Gigante è un personaggio centrale nelle vicende culturali e politiche della città di Fiume nella prima metà del Novecento. Nacque 7 novembre 1878, figlio di Agostino e di Francesca Canarich. Dopo il liceo, frequentò l’Università di Padova. Nella città veneta si laureò dove nel 1901 in Storia con una tesi dal titolo: “Venezia e gli Uscocchi”.
Autore di varie ricerche storiche sulla sua città, si dedicò soprattutto all’insegnamento. Dal 1912 al 1946 fu preside del ginnasio liceo “Dante Alighieri”. Notevole cultore della lingua e della storia ungherese, Gigante divenne uno dei più autorevoli mediatori culturali di Fiume. Si occupò della traduzione di poesie, di canti popolari ungheresi e di romanzieri magiari. Fu colpito dalla tragica fine del fratello Riccardo, senatore del Regno, che fu prelevato da membri dell’OZNA il 4 maggio 1945 e poi fucilato dai titini a Castua.
Le autorità jugoslave destituirono nel 1946 Silvino Gigante dal suo incarico di preside del liceo classico e la sua abitazione fu posta sotto sequestro. Poi le ristrettezze imposte a lui e alla moglie Gisella Saska, lo portano in poco tempo alla morte il 2 settembre 1946, in esilio, forse a Venezia. Il luogo della morte è stato comunicato da Salvatore Samani, della Società di Studi Fiumani, che scrisse una Precisazione nella rubrica Lettere de «Il Piccolo» del 2 settembre 2016. La data della morte è stata riferita il 28 febbraio 2004 nel web in “Elenchi di fiumani” dalla nipote Maria Gigante sposata Sterpa, “profuga Fiumana trasferitasi prima a Siena e poi a Roma”.
Fonti orali
Ringrazio molto e ricordo le persone qui elencate, per le gentili testimonianze rilasciate. Le interviste (int.) sono state effettuate da Elio Varutti nelle località indicate, con taccuino, penna e macchina fotografica. La rielaborazione dei testi si è svolta con l’assistenza di Daniela Conighi e di Lucilla Smoquina. Per la collaborazione prestata in un’intervista in Friuli, ringrazio la professoressa Elisabetta Marioni, di Udine.
Miranda Brussich vedova Conighi (Pola 1919-Ferrara 2013), int. a Ferrara del 17 agosto 2003 e 21 agosto 2013, in presenza della figlia Daniela Conighi.
Silvio Cattalini (Zara, Regno d’Italia 1927-Udine 2017), int. a Udine del 23 giugno 2009.
Florinda Cremaschi Nina, Numana (AN) 1947, int. a Numana del 28-29 maggio 2019.
Narcisa D. detta Cisa, Lussingrande, Pola 1928, int. di Monica C. condotta a Percoto di Pavia di Udine il 1° giugno 2005, a cura di Elisabetta Marioni, docente di Storia all’Istituto Stringher di Udine.
Mauro Milli, Numana (AN) 1944, int. a Numana del 1° giugno 2019.
Maria Rudan (Fiume, Impero d’Austria Ungheria 1906 – Bolzano 2008) vedova di prime nozze Mohovic e vedova Lehmann, int. a Bolzano il 17 luglio 2003.
Lucilla Smoquina, Brescia 1948, int. a Numana del 29 maggio 2019 più vari messaggi del 3-6 giugno 2019.
Documenti originali
Archivio della ditta Cremaschi, Numana (AN), Registro delle persone alloggiate dell’albergo Teresa a mare, Numana, 1982-1993, fotografie.
Collezione famiglia Conighi esule da Fiume, Udine, fotografie.
Collezione Lucilla Smoquina, Numana (AN), fotografie e documenti anagrafici.
Cenni bibliografici
Amleto Ballarini, Mihael Sobolevski (a cura di / uredili), Le vittime di nazionalità italiana di Fiume e dintorni (1939-1947) / Žrtve talijanske nacionalnosti u Rijeci i okolici (1939.-1947.), Roma, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, 2002.
Guido Depoli, Guida di Fiume e dei suoi monti, Tipografia P. Battara, Fiume, 1913.
G. Kobler, Memorie per la storia della liburnica città di Fiume, vol. III, Stabilimento Tipo-litografico fiumano di Emidio Mohovich, Fiume, 1896.
Orietta Moscarda Oblak, “La presa del potere in Istria e in Jugoslavia. Il ruolo dell’OZNA, «Quaderni del Centro Ricerche Storiche Rovigno», vol. XXIV, 2013, pp. 29-61.
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Servizio giornalistico di Elio Varutti. Networking e ricerche a cura di Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Copertina: Numana, 1979, Walter Lehmann e Enrico Conighi, con l’accappatoio giallo. Collezione famiglia Conighi esule da Fiume, Udine. Fotografie da collezioni private citate nell’articolo e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in Vicolo Sillio, 5 – 33100 Udine. Telefono e fax 0432.506203 – orario: da lunedì a venerdì ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin.