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Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia - Comitato Udine | Storia del cementificio Gilardi & Bettiza di Spalato raccontata a Trieste e a Udine
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Storia del cementificio Gilardi & Bettiza di Spalato raccontata a Trieste e a Udine

Gen 04 2021

Storia del cementificio Gilardi & Bettiza di Spalato raccontata a Trieste e a Udine

È stato artefice di due intense giornate culturali, in Friuli Venezia Giulia, Stefano Gilardi, di Firenze. Per l’organizzazione del Comitato Provinciale di Udine dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD) il giovane ricercatore ha tenuto due conferenze molto partecipate a Trieste e a Udine. Ogni incontro aveva per titolo: “Storia della prima fabbrica dalmata di cemento Portland Gilardi & Bettiza – Spalato”.

L’incontro nella città portuale si è svolto presso il Circolo della Stampa il 23 novembre 2018, alle ore 17,30 in Corso Italia 14. L’evento, patrocinato dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, ha visto la collaborazione con l’ANVGD di Udine, che l’ha creato, del Circolo della Stampa di Trieste, dell’Associazione Giuliani nel Mondo e dell’ANVGD di Trieste.

Hanno aperto i lavori del convegno Bruna Zuccolin, presidente dell’ANVGD di Udine e Pierluigi Sabatti, presidente del Circolo della Stampa di Trieste. Ha partecipato all’incontro il direttore dell’Associazione Giuliani nel Mondo, Fabio Ziberna. Erano presenti in rappresentanza del Consiglio Esecutivo dell’ANVGD di Udine Bruna Travaglia, esule da Albona, Eda Flego, esule da Pinguente e la sebenzana Barbara Rossi.

Come mai un incontro di tale tipo? “A un anno dalla morte di Enzo Bettiza – ha detto Bruna Zuccolin – proponiamo la conferenza di Stefano Gilardi, ultimo discendente della famiglia spalatina che possedeva in società con la famiglia Bettiza il cementificio Gilardi & Bettiza di Spalato, la più importante industria della Dalmazia, da cui sono uscite belle ceramiche, medaglioni, balaustre, statue leonine, colonne, fumaioli e cementi dei più importanti palazzi della Dalmazia”.

Trieste, pubblico in sala per la conferenza di Gilardi. Foto Barbara Rossi

La conferenza quindi verteva sulla vicenda umana ed economica delle due prestigiose famiglie e del cementificio con tutte le sue implicazioni sociali e politiche, da cui è emersa la complessa storia della Dalmazia e della locale comunità italiana. I fratelli Giovanni Antonio e Protasio Gilardi, provenienti da Mergozzo, della odierna provincia del Verbano-Cusio-Ossola in Piemonte, nel 1810, quando il loro paese era nel Regno d’Italia istituito da Napoleone Bonaparte, forse per commercio si trasferiscono in Dalmazia, che apparteneva alle Provincie Illiriche sempre nel domino napoleonico. Negli anni seguenti, sotto l’Austria, i Gilardi si affermano come commercianti tra Zara e Spalato.

La famiglia Bettiza è invece autoctona della Dalmazia sin dal Settecento. In un atto di nascita del 1854 è citato un “Giovanni Giacomo figlio di Caterina Voltolini e di Marino Ossibov Smacchia, detto Bettiza” (Gilardi 2018, p. 39). Poi il cognome si assesta su Bettiza. A cura di Bruno Bonetti, segretario dell’ANVGD di Udine, è stato fatto un cenno anche alle famiglie Bonetti di Zara e di Spalato del Novecento, la cui presenza in Dalmazia risale a moti secoli prima.

L’indagine di Stefano Gilardi, dipendente statale, ha teso a spiegare il retroterra culturale di Esilio, il romanzo capolavoro di Enzo Bettiza, che tratta dei reciproci rapporti fra le varie etnie in Dalmazia, ma è pienamente godibile anche nelle parti più strettamente biografiche. Alle oltre 40 persone presenti a Trieste egli ha presentato la sua ricerca con suggestive immagini proiettate tramite Power Point. Tra le figure notevoli presenti all’incontro triestino si sono notate Michela Bettiza, figlia di Enzo Bettiza, poi c’erano Antonella, Laura e Marina Tommaseo, della famiglia del celebre Niccolò Tommaseo. Erano presenti, inoltre, Andina Luxardo Motka, Emilia Gilardi, Domenico Tecilažić e Bianca Maria Gilardi Moretto Wiel, da Treviso.

Udine, Varutti, Bonetti e Gilardi. Foto Giorgio Gorlato

Stefano Gilardi con le sue parole e le sue affascinanti immagini, frutto di anni di ricerche, ha fatto rivivere quella Spalato popolata dal patriziato mercantile e dai funzionari asburgici. Era un mondo che da molto, moltissimo tempo non esiste più; così come la fabbrica di cemento oramai non esiste più, ma di cui restano, vivissime, le tracce. Al suo posto nell’era di Tito è stato eretto uno sgraziato grattacielo cubico per un hotel; era il 1963.

La conferenza ha preso le mosse dall’Ottocento, dalla fondazione della Gilardi & Bettiza, la più antica e la più importante di tutte le fabbriche dalmate. In realtà, come ha spiegato Stefano Gilardi un piccolo stabilimento di fornace per cemento sorge nel 1865 ad opera di imprenditori prussiani che, nel 1870, vendono ai Gilardi e Bettiza l’attività. Poi si è venuti a conoscenza dei sempre più grandi e frequenti ampliamenti e rimodernamenti a cavallo dell’Ottocento e Novecento, per terminare con la vendita alla famiglia croata Ferić, negli anni Venti del Novecento, col notaio Bruno Katalinić, messa in atto a causa di un susseguirsi di circostanze storiche e politiche sfavorevoli, che si concluderanno con la liquidazione della società, avvenuta nel 1942.

Il relatore ha raccontato le origini e le vicende dei Gilardi e dei Bettiza, due delle più facoltose famiglie di Spalato, esaminando le rispettive posizioni politiche e sociali, con un’attenzione particolare ai soci fondatori Lorenzo Gilardi (1823-1899) e Marino Bettiza (1814-1901), due personalità chiave dell’economia cittadina.

La proiezione di diapositive è andata a concludersi con le immagini dello stabilimento in varie epoche, mappe, documenti ed articoli risalenti alla seconda metà dell’Ottocento e primo Novecento ed una ricca serie di fotografie raffiguranti gli elementi decorativi prodotti dallo stabilimento che tutt’ora ornano ed abbelliscono i palazzi di Spalato.

Udine, pubblico in sala per Gilardi. In prima fila: Sergio Satti, Bruna Zuccolin, Luciano Bonifazi e Franco Pischiutti. Foto Giorgio Gorlato

Gilardi a Udine

L’incontro con Stefano Gilardi è poi stato replicato a Udine, presso la sala dell’Oratorio del Cristo in via Montebello 3, il 24 novembre 2018, alle ore 17, con un’alta partecipazione di pubblico. Con il patrocinio della Confraternita dell’Oratorio della Parrocchia del Cristo, presieduto da Giuseppe Capoluongo, la serata è stata aperta da Elio Varutti, vice presidente dell’ANVGD di Udine.

Bruno Bonetti ha raccontato le vicende delle famiglie dei suoi avi di Spalato e di Zara. Poi Stefano Gilardi ha proiettato tutte le immagini oggetto della sua poderosa ricerca che è stata raccolta in oltre 500 pagine, con molte immagini di cartoline, fotografie, mappe catastali, registri parrocchiali, documenti notarili e articoli di giornale.

Al termine degli interventi di Bonetti e di Gilardi, ha parlato Bruna Zuccolin, presidente dell’ANVGD di Udine. “Siamo molto contenti di queste giornate con Stefano Gilardi trascorse a Trieste e a Udine – ha detto Zuccolin – perché ci ha fornito uno spaccato di storia che non si conosceva; la sua ricerca è approfondita, documentata e appassionata, perciò speriamo che sia oggetto di una pubblicazione in un libro, che vorremmo presentare in Friuli Venezia Giulia”.

È seguito un intenso dibattito con interventi e domande da parte degli oltre 40 partecipanti. Ad esempio l’architetto Franco Pischiutti, con parenti di Fiume, ha chiesto informazioni sulla famiglia di Enzo Bettiza e su eventuali contatti con la Italcementi. Gilardi ha risposto adeguatamente, spiegando che con l’Italcementi ha avuto fruttosi contatti di natura tecnica. Sergio Satti, esule da Pola e decano dell’ANVGD di Udine, è intervenuto per elogiare “il modo pacato e obiettivo con cui i relatori hanno esposto fatti storici densi di contrasti e di rancori”. Poi ha ricordato la vicenda di un suo zio arrestato dai titini nel 1945 e portato in prigione con molti altri a Pisino. “È riuscito a salvarsi – ha concluso Satti – perché un commissario del popolo ha detto che l’aveva sentito parlare in croato, anche se el iera italian, è stato l’unico a tornare a casa di un numeroso gruppo di prigionieri finiti in foiba”.

Giorgio Gorlato, esule da Dignano d’Istria, si è complimentato con i relatori perché “è stata fatta un po’ di luce su alcune realtà sconosciute ed è importante che le nuove generazioni parlino di tali fatti”. Poi sono intervenute altre persone per varie domande sulla fabbrica di Spalato.

Nella riunione di Udine si sono notati i familiari dei de Michieli Vitturi di Spalato, oltre a Renata Capria D’Aronco, presidente del Club UNESCO di Udine, che si è complimentata con l’ANVGD di Udine per la interessante ed apprezzata iniziativa. In sala erano presenti anche alcuni membri del Consiglio Esecutivo dell’ANVGD di Udine, come Bruna Travaglia, esule da Albona e Barbara Rossi, di Sebenico, delegata amministrativa del sodalizio. Il momento conviviale dell’incontro di Udine è stato allietato da Rosalba Meneghini, la cui mamma era esule da Rovigno.

Turismo genealogico

Dov’è il mio antenato? In Dalmazia, in Istria o a Fiume? Per trovarlo c’è il turismo genealogico! La ricerca genealogica è un fenomeno in crescita progressiva in questi decenni. Sempre più persone sono interessate al proprio albero genealogico e alla storia familiare. Ci sono alcune notizie rintracciabili nel web e negli archivi di stato. Da questi fatti è nata la figura del “genealogical traveller”. È un ricercatore nel settore della genealogia, non necessariamente esperto, che viaggia nei luoghi nei quali c’è o c’è stata la storia della sua famiglia. Anche Stefano Gilardi e Bruno Bonetti si sono lasciati affascinare dalle ricerche genealogiche sui propri antenati di Spalato e di Zara. Senza odio e senza rancore.

Si conclude questo articolo citando quanto scrive Bettiza in Esilio, il che vale con i dovuti distinguo anche per la famiglia Gilardi: “La mia famiglia faceva parte della aristocrazia mercantile già dai tempi di Venezia. Ma il padre del mio bisnonno sfruttò le grandi opportunità del periodo napoleonico, quando si promosse l’industrializzazione della zona. Ho ancora gli appunti di mio padre, un po’ joyciani dal punto di vista stilistico, tra italiano, dialetto veneto e altre lingue, e le memorie in serbo-croato del fratello di mia mamma. La prima lingua è stata il serbo-croato di mia mamma. Ma all’età di cinque, sei anni è intervenuto il papà, che pure parlava benissimo il serbo croato, col suo dialetto veneto. A 11 anni ero già a Zara, per il ginnasio italiano. Insomma, nasco quasi trilingue, perché non bisogna dimenticare il tedesco. Per me era normale vivere così. Solo quando sono diventato un esule ho capito che ero cresciuto in un posto molto complicato, e mi sono reso conto che era un ginepraio. Per me l’infanzia e l’adolescenza in Dalmazia furono un’epoca d’oro. Vivevo in una famiglia agiata, e in un ambiente naturale bellissimo. Un paradiso perduto. Potevo diventare cittadino italiano, jugoslavo o austriaco. L’esilio ha fatto di me un europeo convinto” (Bettiza 1996).

Voci dell’esodo giuliano dalmata

Stefano Gilardi mi ha raccontato come è stato l’esodo della sua nonna. Si chiamava Redenta Orlich, nata a Zara nel 1919 e deceduta ad Alghero nel 2013. Sposata a Lorenzo Gilardi, scappa da Zara in treno, transita per Trieste e la destinano al Centro raccolta profughi di Reggio Calabria, poi la famiglia trova un alloggio a Fertilia, nel Comune di Alghero, provincia di Sassari. Fertilia è una città di fondazione del fascismo, sorta nel 1936, ma non completata per lo scoppio della seconda guerra mondiale. L’opera di colonizzazione in Sardegna si bloccò e la maggior parte degli edifici rimase di fatto inutilizzata. Nel dopoguerra giungono gli esuli d’Istria, Fiume e Dalmazia, diventando un microcosmo vicino a quello di Alghero, di lingua catalana.

Vive ad Alghero, provincia di Sassari, pure la signora Marisa Brugna, esule da Orsera. “Ricordo il Centro di raccolta profughi di Marina di Carrara – ha scritto – mi ricordo la passerella per arrivare al mio padiglione, l’ultimo a sinistra, ora inesistente, lì ho trascorso dieci anni della mia vita”.

Ecco una storia sulle foibe. “Dopo essere stato partigiano delle Brigate Osoppo, mio fratello Ermano era in polizia – ha detto Enzo Bertolissi –  quando verso il 1946-1947 gli inglesi lo portano ad esumare corpi dalle foibe in Istria e mentre si abitava a Prosecco, vicino a Trieste, abbiamo visto sparire amici di famiglia nell’autunno 1944 probabilmente eliminati in foiba, così la famiglia si è rifugiata in Friuli”.

Sentiamo un’altra voce. Carla Pocecco, esule da Cittanova, mi ha detto che “semo vignudi via nel 1955 iera la Zona B appena passada sotto la Jugoslavia col Memorandum de Londra, mentre i fratelli de mia nonna iera stadi spedidi in Italia nel 1947”. È passata da qualche Campo profughi? “Sì, certo ierimo al Centro raccolta profughi de Valmaura a Trieste – aggiunge la Pocecco – me ricordo che ierimo tel fango e andavo a giogar al Campo profughi de San Sabba con tutte quelle scritte sui muri, chi ge gaveva dà el permesso de scriver su pei muri?” Poi la signora Pocecco da grande scopre che erano graffiti dei prigionieri ebrei deportati al Campo di sterminio di Auschwitz.

Perché siete fuggiti? “La gente italiana subiva atti di intimidazione e di violenza fisica – prosegue la Pocecco – che non potevano risolversi diversamente che nella scelta dell’esodo, avevo fatto le scuole croate, dopo me vergognavo de essere profuga e domandavo papà cosa ze successo?”. Solo quando compie diciassette anni, il babbo che era carabiniere spiega alla signora Carla Pocecco i fatti accaduti alla famiglia e la fuga dall’Istria, abbandonando i vari beni economici. “I miei decisero di partire prima che fosse troppo tardi – conclude – mi dispiace, gò perso la cultura agraria e della pesca dei nonni, quella ze la mia storia”.

Daniele De Fazio, mio amico d’infanzia, ha sposato Idanna Veggion, figlia di Antonio, esule da Rovigno, passato dal Centro smistamento profughi di Via Pradamano a Udine. “Pensa che verso il 1984-1985 – mi ha riferito De Fazio – andavo a fare il pieno di benzina in Jugoslavia con mia moglie e mio suocero Antonio Veggion, ebbene lui si faceva scaricare in Italia e ci aspettava al confine da tanta paura che aveva ancora degli slavi titini”.

Andare via da Pirano con il “lasciapassare il 20 maggio 1960”. È capitato a Mario Dugan esule a Marina di Ravenna. Egli ha voluto “ritornare in Istria nel mese di ottobre 1964 – ha concluso – e ho dovuto fare il passaporto italiano e aspettare il visto iugoslavo; non vi dico i controlli alla frontiera, molte volte le persone venivano spogliate, biancheria intima compresa. Buona giornata”.

Dal “Piccolo” di Trieste

Rassegna stampa

Riguardo alla presentazione a Zara de Gli appunti di Stipe / Stipine bilješke di Franco Fornasaro, tanto desiderata da Silvio Cattalini, dal sito web croato http://www.057info.hr dal 10 novembre 2018 col titolo:  Stipine bilješke – priče rođenog Zadranina Silvia Cattalinija.

Rosanna Turcinovich Giuricin, Nato dall’amicizia con Silvio Cattalini un testamento per le future generazioni, «La Voce del Popolo» Quotidiano italiano dell’Istria e del Quarnero, 18 novembre 2018.

Il “Piccolo” di Trieste del 23 novembre 2018.

“Vita Cattolica”, di Udine del 21 novembre 2018.

“Friulisera” del 16 novembre 2018 col titolo: Convegno a Udine “Storia della fabbrica di cemento Gilardi & Bettiza di Spalato”.

“turismofvg.it”  del 23 novembre 2018 : Storia della prima fabbrica dalmata di cemento Portland GILARDI e BETTIZA – Spalato.

“Circolo della Stampa di Trieste” del 21 novembre 2018: VEN. 23-11 – SPALATO, LA FABBRICA GILARDI & BETTIZA.

Sitologia, cenni bibliografici e documenti privati

ANVGD: ricordati Enzo Bettiza, Lucio Toth e Silvio Cattalini, on-line dal 9 agosto 2017 su friulionline.com

Enzo Bertolissi, Note del periodo bellico 1945-1945, dattiloscritto, 2017, p. 1.

Bettiza 1996 = Enzo Bettiza, Esilio, Milano, A, Mondadori, 1996.

Gilardi 2018 = Stefano Gilardi, Storia della prima fabbrica dalmata di cemento Portland Gilardi & Bettiza Spalato, Firenze, edizione a tiratura limitata per le famiglie discendenti dei Gilardi e Bettiza e Archivio e Museo di Spalato, 2018, pp 508.

E. Varutti, I Bonetti di Zara nell’esodo dalmata, on-line dal 6 febbraio 2017 su eliovarutti.blogspot.com

Fonti orali e del web

Ringrazio le persone intervistate per il racconto riportato da diffondere per far conoscere questi fatti dell’esodo giuliano dalmata. L’intervista è stata condotta da Elio Varutti, con taccuino, penna e macchina fotografica, se non altrimenti indicato.

Enzo Bertolissi, Prosecco 1937, vive a Tarvisio (UD), int. del 6 settembre 2018.

Marisa Brugna, Orsera 1942, vive ad Alghero (SS), messaggio in Facebook nel gruppo Amici profughi istriani del 5 marzo 2018.

Daniele De Fazio, Udine 1956, int. del 24 luglio 2017.

Mario Dugan, Pirano 1942, vive a Marina di Ravenna (RA), messaggio in Facebook del 2 luglio 2017.

Carla Pocecco, Cittanova 1949, int. al telefono del 27 novembre 2018; componente del Consiglio Direttivo dell’Associazione delle Comunità Istriane, Trieste.

Stefano Gilardi, Fertilia di Alghero (SS) 1983, int. del 24 novembre 2018.

Servizio giornalistico e di Networking a cura di Tulia Hannah Tiervo, Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Lettori: Bruno Bonetti e Bruna Zuccolin. Copertina: La presentazione a Trieste con Bonetti, Gilardi e Zuccolin. Fotografie di Bruno Bonetti, Barbara Rossi, Giorgio Gorlato, Giovanni Doronzo e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in Vicolo Sillio, 5 – 33100 Udine. Telefono e fax 0432.506203 – orario: da lunedì a venerdì  ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin.

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