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Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia - Comitato Udine | L’ANVGD di Udine al 13° Raduno dei Lagunari a Portogruaro
20211
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L’ANVGD di Udine al 13° Raduno dei Lagunari a Portogruaro

Nov 18 2020

L’ANVGD di Udine al 13° Raduno dei Lagunari a Portogruaro

È stata una grande festa di popolo. Il 13° raduno dei Lagunari si è svolto a Portogruaro (VE) dal 14 al 22 settembre 2019. Vi ha partecipato, domenica 22 settembre, anche il Comitato Provinciale di Udine dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD) nella persona di Elio Varutti, vicepresidente del sodalizio, in rappresentanza della presidente Bruna Zuccolin.

Il Real 16° Reggimento “Treviso”, in divisa del Settecento, Associazione storico militare in esibizione a Portogruaro. Foto Elio Varutti

L’affollato incontro è stato organizzato dal generale Luigi Chiapperini, presidente dell’Associazione Lagunari Truppe Anfibie (ALTA) e da Maria Teresa Senatore, sindaco di Portogruaro. Il programma dell’ultima domenica ha previsto l’alzabandiera in piazza della Repubblica, seguito da una sfilata con sparatoria dei Fanti da Mar in costume del Settecento; in particolare si sono esibiti i componenti del Real 16° Reggimento “Treviso”, con una descrizione storica per il pubblico.

La cerimonia si è aperta con la lettura di saluto del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che, nel ricordare chi ha sacrificato la propria vita per il Paese, ha voluto sottolineare come i Lagunari rappresentino una qualificata e peculiare specialità dello strumento militare e pregiata componente della Capacità Nazionale di Proiezione dal Mare. Ci sono stati poi gli onori alla bandiera di guerra e alle alte autorità pubbliche intervenute, oltre al passaggio della stecca dalla città di Portogruaro alla città di Verona, che ospiterà il raduno del 2020.  

Ogni raduno nazionale dei Lagunari in congedo ed in servizio del reggimento “Serenissima” riaccende il legame storico degli eredi dei Fanti da Mar della Repubblica di S. Marco a Venezia. L’evento del 2019 godeva del Patrocinio dell’Esercito Italiano, della Regione Veneto e della Città Metropolitana di Venezia. Nel programma del raduno ci sono state pure alcune manifestazioni culturali a favore della cittadinanza con la partecipazione di gruppi di rievocatori storici legati alla storia del Veneto e d’Italia, con automezzi storici, oltre al passaggio di biplani col fumo tricolore. Inoltre, venerdì 20 settembre, nel pomeriggio, un team di lagunari in servizio, i moderni Fanti da Mar Serenissimi, ha condotto presso il locale stadio una dimostrazione tattica di discesa rapida con funi da elicotteri in volo stazionario. Nell’arco delle giornate interessate all’evento, si è verificata la partecipazione di oltre 15 mila persone.

Il Raduno dei Lagunari in una diretta televisiva in piazza a Portogruaro, 2019

Storia del moderno Reggimento

Eredi dei “Fanti da mar” della Serenissima Repubblica di Venezia, i Lagunari nascono ufficialmente nel 1951 con la costituzione del Settore Forze Lagunari che aveva il compito di proteggere le coste lagunari delle Venezie e dell’Alto Adriatico dalle eventuali minacce anfibie provenienti dai vicini paesi del Patto di Varsavia. Considerati da qualcuno come i marines italiani, oggi i Lagunari costituiscono la componente anfibia dell’Esercito italiano. Sono addestrati ad operare nelle situazioni in cui la presenza di terra e acqua costituisce un impedimento all’uso dei tradizionali reggimenti di fanteria. In questo periodo (2019) il reggimento è impiegato in Afghanistan nell’ambito della missione Resolute Support, motivo per cui il reparto schierato durante il raduno era formato da Lagunari e da  artiglieri del 5° reggimento missili lanciarazzi “Superga” di Portogruaro con la loro Bandiera di Guerra.

I Fanti da Mar nel 1797 tra Friuli e Venezia

La beffa di Palmanova (UD) dei Fanti da Mar contro i francesi è del 1797. Le milizie venete di stanza nella cittadella fortificata, patrimonio dell’UNESCO, erano costituite da personale anziano, se non addirittura invalido, di detto Corpo militare di fucilieri di marina, in considerazione del limitato compito loro affidato di custodia dei magazzini. I francesi si presentano a Palmanova neutrale, dopo aver sconfitto gli austriaci, oltre l’Isonzo e chiedono alla guarnigione palmarina l’accesso alla città. I vecchi, ma arzilli fanti da mar per tutta risposta rispondono negativamente e scoraggiano la soverchiante colonna francese col loro movimento rumoroso da una parte all’altra delle mura, facendo sembrare la città protetta da chissà quante truppe venete. I francesi, difronte al rifiuto scritto del Provveditore di Palmanova Edoardo Collalto, sono costretti a tergiversare, ma la truppa con Murat e, in serata, Napoleone in persona riescono a passare con bande e suoni. Il comandante supremo dell’Armata d’Italia dorme in casa Della Savia, nel borgo Udine, incendiata nell’occupazione austriaca del 1917. La mattina del 19 marzo Bonaparte passa in rassegna le sue truppe schierate lungo il Torre, poi lo guada verso l’altra sponda. Va a pranzare a Viscone in casa Serravalle. Nel pomeriggio si fa avvicinare a Giovanni Peressin, abile contrabbandiere della zona, per chiedergli, con atto inusuale per un generale, la topografia dei posti per la sua avanzata militare a Gradisca, dove dorme il 20 marzo, Gorizia e lungo la Valle dell’Isonzo, per conquistare Caporetto e la porta per l’Austria.

Nel frattempo a Palmanova i francesi decidono di concedere l’onore delle armi e il libero transito per Venezia ai 156 fanti da mar, reclutati nel Dogado, oltre che nello Stato da Mar, ovvero in Istria e Dalmazia. La resa di Palmanova si ha dopo il 27 marzo 1797. Gli anzianotti fanti da mar escono dalla fortezza a bandiere rosse e oro di San Marco spiegate. I francesi schierati per gli onori, dunque, si rendono conto di essere stati soggiogati da 156 claudicanti furbacchioni e, rompendo i patti, li fanno prigionieri sottoponendoli a diverse umiliazioni in città. Tali vessazioni contro i dalmati fanti da mar diventano oggetto di passaparola tra il popolo, che si diffonde in Terraferma, giungendo fino a Venezia e a Verona. Solo col 13 aprile seguente il generale Paul Guillaume riesce a far sbattere fuori definitivamente da Palmanova tutta la guarnigione veneta, chiudendo a doppia mandata, con le chiavi, le porte della fortezza cinquecentesca. Il Provveditore Collalto, nello stesso giorno, è fatto prigioniero dai francesi, come ha riferito Carlo Morossi. Sei cannoni con milizie francesi vengono sistemati in piazza all’imboccatura dei tre borghi pronti al tiro. Non è finita, probabilmente a causa degli eccessi di alcuni popolani, sulla spinta francese il Provveditore Collalto deve emanare un editto il 21 aprile 1797 per la requisizione di tutte le armi da fuoco e da taglio da consegnarsi nella Pubblica Munizione, come si legge nella Relazione dello stesso Provveditore al doge, custodita in Archivio di Stato di Venezia. Il 6 maggio successivo sono licenziati dalla fortezza il Provveditore generale, il Tesoriere Taddeo Badoer ed altri maggiorenti veneti. Solo il 28 maggio 1797 il generale Bernadotte ordina ai palmarini di indossare le coccarde tricolori, mentre devono essere tolti i leoni in pietra marciani, oppure essi saranno fucilati. Allora sono atterrati alcuni leoni alati, altri emblemi di San Marco vengono sfigurati a mutilati da uno sparuto gruppo di illusi e scompigliati, come sono definiti dai cronisti.

Il 20 aprile 1797 la nave francese “Liberateur d’Italie” viene fermata nella Laguna di Venezia a cannonate dal Forte di S. Andrea, al comando del veneziano Domenico Pizzamano, dopo ripetuti segnali di avvertimento di sbarcare i cannoni secondo la tradizione, come ha asserito Flavio Fiorentin. Non è tutto, perché dal forte veneziano salpano due piccole galeotte, al comando dei capitani Alvise Viscovich e Malovich, con a bordo 60 fucilieri di marina, o Fanti da Mar, originari delle Bocche del Cattaro, oggi Montenegro.

Come ha scritto Danilo Morello, dopo i primi colpi di cannone, la tartana francese, senza più controllo, finisce vicino alla batteria del Lido, da dove partono addosso altre cannonate, colpi di moschetto e perfino palle di cannone sospinte a mano, poi va a fianco alla galeotta del Viscovich. I Bocchesi, detti pure Sciavoni, vanno all’assalto dei francesi, che per muoversi bene in laguna tenevano sotto sequestro un chioggiotto, Menego Lombardo. I fanti da mar lanciati all’arrembaggio, uccidono Jean Baptiste Laugier, capitano francese e quattro membri dell’equipaggio, facendo otto feriti, tra i quali il pescatore chioggiotto, che perisce in ospedale. Gli altri francesi vengono risparmiati a stento, perché i fanti da mar erano intenzionati a vendicare l’umiliazione patita dai loro commilitoni a Palmanova tra il 27 marzo e il 13 aprile 1797.

Un’altra immagine del 13° Raduno dei Lagunari a Portogruaro. Foto E. Varutti

Le Pasque veronesi

Tutto ha inizio nel giugno 1796, quando Napoleone pretende la consegna di Verona, per riequilibrare, in chiave militare, l’occupazione austriaca di Peschiera. Il comandante dell’esercito veneto, il Salimbeni, non sconosciuto al maestro della Loggia massonica di Verona, dietro la richiesta francese, ordina al presidio di 600 fanti da mar, in divisa rossa, di uscire dalla città. Essi si accampano poco fuori le mura cittadine, in località Croce Bianca, mentre i francesi del generale Antoine Balland si sistemano in città, a Castelvecchio, e nei fortini delle vicinanze. Ad un certo punto, poco prima della Pasqua, l’atteggiamento spocchioso dei soldati francesi e cispadani al loro seguito, nonché i furti e i saccheggi non autorizzati dalle autorità militari occupanti, provocano una grossa insurrezione popolare e cittadina. Così nel primo pomeriggio del Lunedì dell’Angelo, 17 aprile 1797, al suono delle campane parte la rivolta, chiedendo l’aiuto ai 600 fanti da mar dalmati, detti pure schiavoni, dotati di due cannoni, accampati lì presso. I fedelissimi di Venezia, volendo vendicare i torti patiti dai veneti alla fortezza di Palmanova, assaltano Porta San Zeno, facendo 150 prigionieri francesi. Poi, spalleggiati dalla Guardia Nobile Veronese, in divisa azzurra, e dagli altri rivoltosi locali armati di fucili, pistole, sciabole, ma anche di forconi e bastoni, impegnano i francesi in vari scontri a fuoco, che provocano oltre mille morti, consegnando alla storia, come recita una lapide posta in seguito dai concittadini, l’insurrezione delle Pasque veronesi. Per le vie della città non si sente altro che un continuo gridare per ogni angolo: “Viva San Marco!”, mentre continua la caccia al francese. Persino diversi soldati austriaci, liberati dalle prigioni dov’erano stati reclusi dai francesi, partecipano a parte della rivolta, soprattutto con l’artiglieria, essendo più esperti dei popolani.

Il fatto d’armi di Verona viene represso dai francesi con i cannoni. Come ha spiegato Flavio Fiorentin  persino il governatore Iseppo Giovannelli ed il vice podestà Alvise Contarini, legali rappresentanti a Verona del veneto Governo, tentano di rabbonire gli insorgenti e le truppe dalmatine, consigliando di trattare coi francesi, che cannoneggiano senza ritegno la città. Il 18 aprile una riunione popolare decide invece la resistenza. A quel punto Giovannelli e Contarini scappano di notte in fretta e furia. Napoleone schiera a Verona oltre 15 mila soldati, due quinti dell’Armata d’Italia, tanto per dire quanto fosse importante quella rivolta. Solo il 25 aprile 1797, a munizioni esaurite e con scarsi viveri, la città si arrende a Balland, che rassicura i rivoltosi sulla loro vita e sulla salvezza dei loro patrimoni. I saccheggi francesi, invece, procedono per otto giorni, senza risparmiare le chiese e i musei, dopo aver depredato i palazzi, stalle, magazzini, botteghe e il Monte di pietà. Al sacco del Monte del pegni fa seguito anche quello delle chiese, delle abitazioni degli aristocratici e dei musei, durante il quale sono trafugati dalla biblioteca capitolare di Verona manoscritti databili dal VII secolo al XV secolo e incunaboli del XV secolo. Dal museo lapidario maffeiano asportano lapidi greche, romane e medaglie romane. Dalle chiese i francesi rubano numerosi dipinti, non sono risparmiati neanche il Duomo e la basilica di San Zeno. Ruberie si verificano pure nelle raccolte private, perfino nelle collezioni di fossili, mai più restituiti.

Il 6 maggio, infine, arriva il generale Pierre François Charles Augereau, che tiene un discorso in piazza Bra nel quale annuncia di essere a Verona per punire i rivoltosi. Fa piantare l’albero della libertà, oggetto, manco a dirlo, di ripetuti vandalismi. Tra maggio e giugno vengono processati 82 veronesi insorti e vengono fucilati, tra gli altri, il conte Francesco Emilei e il conte Augusto Verità.

Bonaparte è decisamente orientato a cancellare dalle carte geografiche il millenario Ducato di Venezia e a far abbattere le sue insegne. Fa bruciare il Bucintoro e depredare il Veneto, tanto poi pensa di cederlo all’Austria. I non pochi disordini in Terraferma lo spingono ad emettere un manifesto datato 14 fiorile, ossia 1° maggio 1797. Oltre ad imporre all’ambasciatore di Francia di andarsene da Venezia, ordina “dal quartier generale di Palma nuova” ai suoi generali divisionari di trattare come nemici ogni sorta di truppa della Repubblica di Venezia. Allora a Udine, il Luogotenente veneto Mocenigo fa i bagagli in gran fretta e la sera del 2 maggio 1797 scende mesto per l’ultima volta dal Castello della città friulana.

Leone alato a Portogruaro in piazza della Repubblica

Cenni bibliografici

Gianfranco Ellero, La storia del Friuli, vol. IV, Roma, Edizioni Periodiche Locali, 1997.

Flavio Fiorentin, L’eredità del Leone, dal Trattato di Campoformio (1797) alla Prima Guerra Mondiale (1918), Udine, Aviani & Aviani, 2018.

Carlo Morossi, “Palmanova napoleonica”, «Ce fastu?», XIV, 4, ottobre 1938, pp. 218-226.

Cenni sitologici

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Danilo Morello, La cattura del “Liberateur d’Italie”, 20 aprile 1797, Venezia, 2001, on line: http://www.icsm.it/articoli/ri/liberateur.html

Ricerca storica, servizio redazionale e di Networking a cura di Tulia Hannah Tiervo, Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Fotografie da collezioni private citate nell’articolo e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in Vicolo Sillio, 5 – 33100 Udine. Telefono e fax 0432.506203 – orario: da lunedì a venerdì  ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin.

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