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Zara addio. Emilio Fatovic racconta l’esilio nel Campo profughi di Udine ed altri 5 siti, 1957

Apr 29 2024

Zara addio. Emilio Fatovic racconta l’esilio nel Campo profughi di Udine ed altri 5 siti, 1957

È una testimonianza incredibile quella del professore Emilio Fatovic, nato a Zara nel 1948 e componente del Comitato Esecutivo dell’ANVGD di Udine. “Mia madre, io e mia sorella, tutti di Zara,eravamo in ferie dalla nonna a Gorizia con passaporto jugoslavo, cosa rara per quei tempi – ha detto Fatovic – il 30 agosto 1957 la mamma chiese asilo politico alla questura di Gorizia”. Si ricorda che il capofamiglia a Zara, di nome Emilio pure lui, ebbe “un alterco con un commissario popolare e alla fine della baruffa ghe dise che lui iera un fascista vestido de rosso”.

Mamma mia! Dare del fascista a un commissario popolare a Zara in pieno regime di Tito fu considerato un reato da pena di morte, ma con l’aiuto di un parente comunista, alla fine il colpevole del ‘grave misfatto’ se la cavò con un anno di carcere, però fu segnato a dito. “Mio papà – ha aggiunto Fatovic – era capo mastro e lo lasciarono uscire dalla Jugoslavia nel 1959”.

Cartolina di Zara del 1901, quando era sotto l’Austria. Tommaso Burato, imperiale e regio fotografo di Corte, Zara. Collezione privata, Udine

Poi che cosa successe? “In Italia ci ritirarono il passaporto – è la replica – e iniziò l’odissea dei campi profughi a Cremona, a Gargnano sul lago di Garda (BS), poi Capua (CE) poi Udine, poi Padriciano (TS) e, infine, a Villa Opicina, presso Trieste, dove mio padre morì nel 1960 a 46 anni. Mia madre fu costretta a fare la donna di servizio per sostenerci, seppure io godessi della borsa di studio completa come convittore a Cividale. Eravamo apolidi. Non italiani, né jugoslavi. Rischiammo di essere mandati in Australia da Capua, ma grazie allo svincolo della cittadinanza jugoslava di mio padre, ricevuto dal console generale di Zagabria il 10 ottobre del 1958, egli ritornò ad avere il passaporto italiano. Poi, nel 1959, venne nel Campo profughi di Udine come profugo ed io, essendo minore, ero sul suo passaporto italiano. Ci trovammo finalmente ricongiunti”.

Col Trattato di pace del 10 febbraio 1947 tra gli Alleati e l’Italia i cittadini italiani nati e residenti nei territori italiani ceduti alla Jugoslavia persero la cittadinanza italiana nel momento in cui divennero automaticamente, anche in assenza di una esplicita opzione per l’Italia, cittadini “dello Stato subentrante”. Le opzioni si protrassero fino alla metà degli anni ’50. Poi gli italiani che volevano comunque partire dalle terre perse, essendo divenuti cittadini jugoslavi, dovevano chiedere lo svincolo della indesiderata cittadinanza, pagando fior di quattrini, per poter uscire in regola dalla Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia.

Lo svincolo della cittadinanza jugoslava è citato pure da Raoul Pupo. Tra le varie fasi dell’esodo giuliano dalmata, di oltre 300 mila persone, come ha scritto Pupo, ci fu “il ‘grande esodo’, che svuotò quasi integralmente le città ed aprì ampi vuoti anche nelle campagne. Complessivamente, il flusso riguardò circa 130.000 persone e si svolse in due tappe, perché il rigetto delle domande di opzione da parte delle autorità jugoslave bloccò molti richiedenti, fino alla riapertura dei termini per le opzioni nel 1951. Dopo quella data, circa 5.000 altri italiani riuscirono ad esodare attraverso la complessa ed onerosa procedura dello ‘svincolo’ dalla cittadinanza jugoslava” (Pupo R 2019-2020).

Professore Fatovic com’era la vita a Zara, sotto Tito? “Io ho frequentato a Zara/Zadar la classe prima elementare mantenendo il mio nome – ha replicato il testimone – e con mia mamma e mia sorella andavamo a messa a Cereria nella chiesettaallora rimasta. Mia sorella ha frequentato il ginnasio. Certamente eravamo visti alle volte male perché eravamo dei privilegiati. La scelta dei miei genitori di tornare in Italia era dettata dalla italianità, da fattori di fede e da una visione della società e di uno stato che si era sempre più radicalizzata, dopo la tragica violenza del 1944 e del 1947, per niente inclusiva in Jugoslavia”.

Come stavate al Centro smistamento profughi di Udine? “Nel campo profughi di Udine il Parroco convinse i miei genitori di mandarmi in collegio a Cividale del Friuli – ha concluso Fatovic – cosa che accadeva anche ai ragazzi di Padriciano. Nelle stanze del Campo Profughi di Udine, dieci anni dopo, nel 1967, ho frequentato come alunno la terza Elettronici dell’Istituto industriale ‘Arturo Malignani’. Per me, testimone dei campi profughi, convive il sentimento del rimasto, dell’esule e del profugo, qualifica ereditata da mio padre. Sono profondamente grato alla ANVGD di Udine per la targa oggi presente in ricordo del centro Raccolta Profughi e per le testimonianze che i ricercatori coltivano”.

Il professor Fatovic, laureato in Scienze Politiche all’Università di Trieste, ha insegnato nelle scuole superiori di Udine negli anni 1985-2007, quando era impegnato nel Sindacato Nazionale Autonomo Lavoratori della Scuola (Snals). Ha conseguito un master all’Università di Perugia in Legislazione scolastica e management della negoziazione. Poi, tra le altre, è stato rettore e dirigente scolastico al Convitto Nazionale “Regina Margherita” di Anagni (Frosinone) dal 2007 al 2008. Poi al Convitto Nazionale “Vittorio Emanuele II” di Roma (2008-2014). Ha ricoperto un incarico di reggenza al Convitto Nazionale “Amedeo di Savoia, Duca D’Aosta” di Tivoli, Roma (2012-2014). È stato Consigliere del Comitato Economico Sociale Europeo di Bruxelles su indicazione dei governi italiani e su nomina del Consiglio Europeo (2010-2020) e presidente dell’Università Popolare di Trieste (2020-2023).

Fonte orale e digitale – Emilio Fatovic, Zara 1948, e-mail del 1° e 28 aprile 2024 a Elio Varutti.

Cenni bibliografici e sitologici

Ministero dell’Istruzione e del Merito, Linee Guida per la didattica della Frontiera Adriatica, Roma, 2022.

– Raoul Pupo, L’esodo dei giuliano-dalmati, on line sul sito dell’Istituto regionale per la storia della Resistenza e dell’Età contemporanea nel Friuli Venezia Giulia, di Trieste, 2019-2020. ISBN: 9788898796205

– Elio Varutti, Il campo profughi di via Pradamano e l’associazionismo giuliano dalmata a Udine: ricerca storico sociologica tra la gente del quartiere e degli adriatici dell’esodo. 1945-2007, Udine,  Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Comitato provinciale di Udine, 2007.

Progetto di Elio Varutti, coordinatore del Gruppo di lavoro storico-scientifico dell’ANVGD di Udine. Networking a cura Sebastiano Pio Zucchiatti e E. Varutti. Lettori: Emilio Fatovic, Bruna Zuccolin, Bruno Bonetti, Sergio Satti e i professori Ezio Cragnolini e Elisabetta Marioni. Copertina: Emilio Fatovic in una fotografia di Giorgio Gorlato a Zara il 10 novembre 2018. Adesioni al progetto: Centro studi, ricerca e documentazione sull’esodo giuliano dalmata, Udine, ANVGD di Arezzo. Altre fotografie di Leo Leo Lulu, Elio Varutti e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in Via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine. – orario: da lunedì a venerdì ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Vice presidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Grazie a Alessandra Casgnola, Web designer e componente del Consiglio Esecutivo dell’ANVGD di Udine. Sito web:  https://anvgdud.it/

Zara, 2018 – Fatovic, in cravatta, alla presentazione del libro Gli appunti di Stipe, di Franco Fornasaro, con l’Autore, Bruna Zuccolin (presidente ANVGD Udine) e Rina Villani, presidente della Comunità degli italiani di Zara. Fotografia dell’Archivio ANVGD di Udine
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varutti
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