
Ricordo di Vittorio Marasco, carabiniere ucciso in Balcania nel luglio del 1943
Qui si vuole ricordare un carabiniere caduto in battaglia contro i partigiani jugoslavi il 15 luglio 1943. L’idea del ricordo è venuta a un suo nipote, il dottor Giovanni Marasco e al suo “amico di penna”, l’architetto Franco Pischiutti, alfiere dell’ANVGD di Udine.
Marasco Vittorio nacque a Bianchi, provincia di Cosenza in Calabria, nel 1906. Morì in guerra in Balcania, durante un’azione militare contro i partigiani jugoslavi. Per un atto di coraggio egli fu insignito della Medaglia d’argento al Valor militare, come si legge nel Supplemento della Gazzetta Ufficiale n. 140 del 22 giugno 1953. La località dell’attacco citata è: “Crescevo”.
Nel 1970 gli fu dedicata una lastra metallica, recante l’immagine bronzea del suo busto in rilievo, col testo seguente all’interno dei locali della Stazione Carabinieri di Manziana (Roma):
“MARASCO VITTORIO / MEDAGLIA D’ARGENTO AL VALOR MILITARE / (α 21.06.1906 BIANCHI – Ω 15.07.1943 KRUSCIVO) / ATTACCATO NELLA PROPRIA CASERMA DA NUMEROSE FORZE NEMICHE / OPPONEVA CON SEI CARABINIERI ESTREMA RESISTENZA. FERITO INSIEME / AI SUOI DIPENDENTI DALLO SCOPPIO DI UNA BOMBA, CONTINUAVA / NELLA LOTTA. ACCORTOSI CHE IL NEMICO TENTAVA DI ACCENDERE UNA / MINA PER FAR SALTARE UN LATO DELLA CASERMA SI ESPONEVA ALLO / SCOPERTO CON LA PROPRIA ARMA AUTOMATICA ONDE SVENTARE / L’INSIDIA. RIUSCIVA NELL’INTENTO MA VENIVA COLPITO MORTALMENTE AL / PETTO. BENCHÈ MORENTE INCITAVA ANCORA I SUOI UOMINI CHE / RIUSCIVANO A RESISTERE FINO AL GIUNGERE DEI SOCCORSI.
KRUSCIVO / DALMAZIA / 18-7-1943″.

Si conosce Kresevo, in Bosnia, vicino a Sarajevo. La località era nella Seconda Zona di occupazione del Regio Esercito italiano, rivendicata dalla Croazia degli Ustascia.
Zara e Fiume erano italiane in base ai trattati di Rapallo del 1920 e di Roma, del 1924. Successe il 6 aprile 1941 che le truppe di Hitler, Mussolini con i loro alleati ungheresi e bulgari invasero la Jugoslavia, le cui autorità militari firmarono l’armistizio il successivo 17 aprile, dopo vari combattimenti. I Paesi invasori allora attarono la spartizione dei territori jugoslavi, creando delle Zone d’occupazione militare. L’Italia istituì il Governatorato della Dalmazia (18 maggio 1941-19 agosto 1943), con capoluogo Zara, comprendendo zone di tradizionale presenza italiana come Sebenico, Spalato e Traù. L’amministrazione italiana durò sino all’8 settembre 1943 su un terzo dell’intero territorio jugoslavo ed un quinto dei suoi abitanti, alcuni dei quali, di etnia serbo-croata, insorsero contro gli occupatori. I nazisti crearono lo Stato Indipendente di Croazia, retto dagli Ustascia, ma in realtà uno Stato fantoccio sotto il controllo di tedeschi e italiani.
Nel 1942 la Germania propose all’Italia di avere il controllo militare di tutta la Croazia, per convogliare le truppe tedesche presenti in Croazia verso la Russia, già invasa dal 1941. L’Italia di Mussolini rifiutò l’offerta, sapendo di non poter tenere sotto controllo la malferma situazione politica dei Balcani, con gli Ustascia, i Cetnici monarchici, i partigiani comunisti di Tito, i belagardisti, le Milizie volontarie anticomuniste e vari altri gruppi armati. In questo complesso scenario politico militare si inserisce lo scontro dei carabinieri di Kresevo contro i titini.


La conferma sulla localizzazione di “Crescevo” non in Dalmazia, ma in Bosnia, deriva dall’analisi dell’opera di Oddone Talpo intitolata “Dalmazia una cronaca per la storia”. Nei quattro volumi di Talpo non è citato “Crescevo”, né “Kruscivo”, né il nome del brigadiere Marasco. C’è una dovizia di particolari bellici ovviamente sulla Dalmazia intera.
Probabilmente a Krescevo, in Bosnia (Crescevo, in italiano), c’era una “tenenza”, o una “stazione” dei carabinieri, dipendente dal XXII Battaglione, sotto il comando del maggiore Efisio Ligas, di stanza a Zara, col Gruppo carabinieri della Dalmazia. Ad esempio, dal 1941, c’era un tenenza dei Reali carabinieri a Ljubuski, in Erzegovina, al comando del tenente Ignazio Terranova – come ha scritto Maria Carmela Terranova nel 2018 – Il XXII Battaglione carabinieri “era dislocato in tutto il territorio della provincia di Zara con compagnie, tenenze e stazioni”. Un altro presidio militare era sul fronte di Mostar, sempre in Erzegovina, col carabiniere Alfonso Zamparo, della 131^ sezione (Fragiacomo, D’Arrigo 2015).
Quando a Zara iniziarono il terrore titino e le fucilazioni di italiani, dal 1° novembre del 1944 in poi, come ha scritto don Giovanni Lovrovich nel suo diario: “sparì il tenente Terranova, Comandante dei Carabinieri, colpevole forse perché aveva ordinato di innalzare il tricolore sui campanili di Santa Anastasia e di San Simeone dopo la ritirata dei tedeschi e prima che entrassero in città i partigiani jugoslavi” (Lovrovich 1974, pag. 99).
Il maggiore Efisio Ligas, comandante del XXII battaglione dei carabinieri, è menzionato da Oddone Talpo nel volume IV della sua documentata opera (Talpo O 1994 : 429). Lo stesso autore ricorda che nella primavera del 1943 nella Zona di operazioni italo-cetnica di Bosnia combatterono contro i partigiani ad egemonia comunista le truppe del Regio Esercito italiano assieme ai Cetnici anticomunisti serbi e alle Milizie volontarie anticomuniste croate (Talpo O 1994 : 89).
Si fa cenno, quindi, a ciò che successe a Zara dopo la firma italiana dell’armistizio con gli alleati, mentre l’esercito italiano si sfaldava e sul capoluogo della Dalmazia venivano lanciati volantini ustascia di annessione alla Croazia. “Avevo perso la patria. Noi tutti a Zara l’avevamo persa. Questo ci diceva il volo sinistro dei bimotori che avevano disegnata la scacchiera simbolo dello Stato croato” (Cattalini A 2005 : 33).
Il 2 novembre 1943 iniziarono, su suggerimento titino, i 54 bombardamenti alleati sulla città dalmata, con la conseguente fuga degli zaratini sinistrati. Le partenze via mare si intensificarono all’inizio del 1944. “La visione si fa tetra, i rumori che avverto intorno a me si tramutano in schianti, boati, ululanti sirene, imprecazioni, pianti, grida d’aiuto. Le rive sono tutto un brulicare di derelitti spauriti, carichi di masserizie. Sono come allucinati, incerti nella scelta di salvare o la vita o le poche cose rimaste, scelta resa ancora più drammatica dalla difficoltà di trovare un posto sul traballante piroscafo ‘Sansego’, già carico sino all’inverosimile. (…) I rifiuti d’imbarcare bagagli e gente a bordo sono categorici, con scene di pianto, schiamazzi e continue imprecazioni” (Detoni S 1971 : 75, 76). Oltre 2.000 furono le vittime del conflitto. Oltre 10 mila zaratini furono profughi in Italia e nel mondo. Alcuni di loro condivisero il pensiero di Enzo Bettiza, che era: “L’esilio ha fatto di me un europeo convinto”.

Dichiarazione di Bruna Zuccolin, presidente ANVGD Udine
A conclusione della presente indagine storica si riporta la seguente dichiarazione. “La nostra Associazione da tempo agisce per il dialogo e per la pacificazione in dimensione europea, volendo superare gli attriti e le volenze del Novecento al confine orientale – ha detto Bruna Zuccolin – vorrei aggiungere che lo scopo principale del nostro sodalizio è, specialmente, di diffondere il ricordo dell’esodo giuliano dalmata, sottolineando che, per statuto, siamo apartitici. La nostra associazione che, a livello nazionale sorse nel 1948, ha aiutato i profughi nel passato e oggi si occupa soprattutto di ricordare i caduti e i fatti complessi che accaddero alla frontiera adriatica, perché non si può lasciare nell’oblio la sofferenza di così tante persone”.
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Documenti – Lettera di Giovanni Marasco, di Milano a Franco Pischiutti, di Udine, del 17 settembre 2024, p. 1, ms.
Bibliografia e fonti dal web
– Antonio Cattalini, I bianchi binari del cielo. Zara 1943-1944 (1.a edizione: Gorizia 1965), a cura di Silvio Cattalini, Udine, Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Comitato Provinciale di Udine, 3.a edizione, 2005.
– Sereno Detoni, Ritorno a Zara, Udine, Del Bianco, 1971.
– Chiara Fragiacomo, Daniele D’Arrigo (a cura di), Alfonso Zamparo. Siamo tornati uomini. Scritture di una deportazione, Udine, Associazione Nazionale Ex Deportati (ANED), Sezione Provinciale di Udine, 2015.
– Giovanni Eleuterio Lovrovich, Zara dal bombardamenti all’esodo (1943-1948), Marino (Roma), 1974.
– Oddone Talpo, Dalmazia una cronaca per la storia (1943-1944), Roma, Stato Maggiore dell’Esercito, Ufficio storico, 1994.
– Maria Carmela Terranova, “L’ultimo tricolore in Dalmazia”, «Notiziario storico dell’Arma del Carabinieri», n. 3, III, 2018, pp. 45-51.
– Elio Varutti, Militari italiani a Fiume, in Istria, Dalmazia e Erzegovina, 1941-1943, on line dal 25 luglio 2018 su eliovarutti.blogspot.com/
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Progetto dell’architetto Franco Pischiutti, alfiere dell’ANVGD di Udine. Testi di Elio Varutti, coordinatore del Gruppo di lavoro storico-scientifico dell’ANVGD di Udine. Networking di Maria Iole Furlan e E. Varutti. Autorizzazione alla diffusione e pubblicazione di Giovanni Marasco a Franco Pischiutti con email del 15 dicembre 2024, riferita all’A. Copertina: Vittorio Marasco, brigadiere nei Carabinieri. Collezione Giovanni Marasco. Lettori: Giovanni Marasco, Franco Pischiutti, Bruno Bonetti, Sergio Satti, decano dell’ANVGD Udine, Claudio Ausilio (ANVGD di Arezzo) e i professori Marina Bellina (ANVGD Udine), Enrico Modotti e Elisabetta Marioni, delegata ai rapporti con le scuole per l’ANVGD Udine. Grazie a Alessandra Casgnola, Web designer e componente del Consiglio Esecutivo dell’ANVGD di Udine. Fotografie della collezione di Giovanni Marasco e dall’archivio dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in Via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine. – orario: da lunedì a venerdì ore 9,30-12,30. Presidente dell’ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin, che fa parte pure del Consiglio nazionale del sodalizio e, dal 2024, è Coordinatore dell’ANVGD in Friuli Venezia Giulia. Vicepresidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito web: https://anvgdud.it/